Dodici mesi fa, Jaguar è diventata “rosa”. Non solo per una scelta cromatica, ma per il modo in cui la concept car Type 00 è entrata nell'immaginario collettivo: una provocazione giudicata da molti folle, ricondotta da alcuni alla cosiddetta cultura?woke, simbolo di un marchio che ha perso per sempre il contatto con la propria storia e con i propri clienti.
Il dibattito ha rapidamente superato i confini della cerchia degli appassionati, coinvolgendo una parte ampia dell'opinione pubblica raggiunta dalla notizia attraverso giornali, creator e commentatori di ogni settore, compreso Elon Musk. Raramente una nuova automobile è stata caricata di un peso simbolico così ingombrante prima ancora di essere letta per ciò che è: un nuovo progetto industriale.
Ecco perché, un anno dopo, sono andato a rivederla. O meglio: a vedere come quella concept si stia trasformando in realtà. L'auto è ancora camuffata, protetta. Ma esiste, gira ed è ormai molto vicina alla forma definitiva. E ci sono salito come passeggero sul proving ground di JLR. Ancora più interessante, però, è stato parlare con chi in questi dodici mesi ha incassato critiche, ironie e giudizi tranchant senza avere lo spazio – o forse la volontà – di rispondere. Nello specifico ho incontrato?Tom Bury, Product & Services Marketing Director di Jaguar, una delle figure chiave del progetto. Ed è da quelle conversazioni, più che dall'auto in sé, che emerge il senso di una strategia che finora è stata giudicata quasi esclusivamente per il suo impatto visivo.
Dal confronto con Bury emerge come Jaguar sia rimasta spiazzata dalla reazione alla Type 00. Una reazione che ha finito per sovrapporsi al progetto stesso. Solo col passare dei mesi è maturata la consapevolezza che la comprensione di un cambiamento del genere non si potesse demandare a uno spot, ma che richiedesse tempo e percorso più strutturato. «Pochi secondi non bastano», osserva Bury, riferendosi alla necessità di dedicare più spazio alla spiegazione e alla costruzione di contesto attorno a ciò che Jaguar sta facendo oggi.
Una dinamica che ha avuto un costo, soprattutto sul piano reputazionale, ma che il marchio legge anche come un segnale di rinnovata attenzione. «Sapevamo che non tutto sarebbe stato accolto positivamente», ammette. «Ma il dato più importante per noi è che le persone hanno ricominciato a parlare di Jaguar. Anche in modo critico. L'indifferenza sarebbe stata un problema molto più serio».
Da qui la conversazione sulle ragioni di questa rivoluzione. «Ho lavorato su praticamente tutti i modelli Jaguar degli ultimi anni», spiega Bury. «F-Pace, XE, XF, I-Pace: erano auto valide, di cui andiamo ancora orgogliosi. Ma stavamo cercando di competere in segmenti che non erano più naturali per Jaguar. Il cosiddetto?mass premium?era presidiato meglio da altri, con più forza e continuità».
Il reset avviato tra il 2020 e il 2021 nasce da una domanda semplice e scomoda: quando Jaguar ha espresso il meglio del marchio? «La risposta è nell'epoca in cui Jaguar creava desiderio e succedeva quando costruiva poche auto, chiaramente posizionate, diverse da tutto il resto. Copie di nessun altra». La Type 00 nasce da questa consapevolezza. «Non doveva essere rassicurante», dice Bury. «Doveva segnare una discontinuità netta».
Vederla, seppur camuffata, cambia la prospettiva. L'auto che verrà presentata ufficialmente nell'estate 2026 è molto più simile alla Type 00 di quanto si possa immaginare. Le proporzioni sono esattamente quelle: una sorta di?batmobile?in formato coupé a quattro porte, un'interpretazione evoluta del concetto di GT. Sembra infinita in lunghezza (di slancio oltre i cinque metri) e ancora più lunga nel cofano. I fianchi sono altissimi, la finestratura sottilissima, le ruote da 23 pollici quelle che disegni da bambino, senza preoccuparti della fattibilità.
La camuffatura non rende e, purtroppo, non consente ancora di cogliere appieno come siano stati tradotti in produzione alcuni stilemi chiave della Type 00, a partire dal posteriore senza lunotto, “chiuso” da un elemento strutturale che definisce tutta la coda. «Questo design non è nato partendo da una piattaforma elettrica», precisa Bury. «È nato partendo dalla richiesta di reimmaginare Jaguar. L'elettrico è stato il modo migliore per ottenere quelle proporzioni, quella linea di tetto bassa, quella postura da granturismo. Con altri powertrain non sarebbe stato possibile».
Mi trasferiscono sul proving ground, un'area adiacente che tra pista, strade e stradine ricavate all'interno di una ex base della RAF simula praticamente ogni condizione possibile per testare handling, comfort, stabilità, rumorosità e, ovviamente, velocità. Dietro il volante c'è?Rob Burford, Head of Product Character & Performance di JLR. È lui che deve dare “sapore” ai nuovi modelli. Con un sorriso lancia la Jaguar camuffata a ritmi molto sostenuti, ma sempre con estrema dolcezza. «Stiamo lavorando sul programma comfort», mi spiega. «È quello più importante per una GT come questa». Comfort che non significa affatto andare piano: sull'unico elemento digitale della plancia non ricoperto da qualcosa ho letto circa 150 mph. Ma soprattutto significa trasmettere stabilità e progressività, in ogni situazione.
Me lo dimostra su una stradina di campagna inglese ricostruita, con dossi, buche e una buona dose di curve in appoggio. La GT inglese si muove con un'agilità che non mi aspettavo: è silenziosissima, ma non anestetizza i passeggeri. Ti fa sentire quello che sta succedendo, senza quel senso di galleggiamento che caratterizza le (poche) grandi auto elettriche di lusso oggi sul mercato. Che sono confortevoli sì, ma che se vi piace guidare sanno di artificiale.
Tra una curva e l'altra riesco ad estorcere alcuni dati tecnici di massima: architettura trimotore, circa 1.000 cavalli di potenza, torque vectoring, retrotreno sterzante, sospensioni pneumatiche su tutte e quattro le ruote. Alla domanda sul peso, Burford parla di circa 2.700 kg, da cui si può dedurre la presenza di una batteria enorme, verosimilmente la stessa della futura Range Rover elettrica. Cioè da 118 kWh. Durante la prova Burford insiste spesso su un concetto:?«Feels like a Jaguar». Fa sorridere pensarlo riferito a una Jaguar elettrica da mille cavalli, ma il lavoro fatto dal team è proprio quello di studiare e reinterpretare alcune sensazioni chiave delle Jaguar del passato, a partire dalla compostezza di guida.
Il tempo che separa questa Jaguar dal debutto definitivo non serve solo a completare collaudi e industrializzazione, ma anche a rendere coerente il riposizionamento del marchio, che coinvolge la rete dei dealer. «Ogni modello sarà sopra le 100.000 sterline», conferma Bury. «Vogliamo posizionarci sopra il premium tradizionale, ma sotto il lusso estremo. È uno spazio che conosciamo e in cui crediamo ci sia ancora margine». I volumi non sono la priorità. «Non misureremo il successo del primo modello sui numeri», chiarisce. «Questa GT a quattro porte serve a riposizionare il marchio. La famiglia crescerà nel tempo, ma senza la pressione di dover vendere centinaia di migliaia di unità».
Nel ragionamento di Bury entra anche il confronto con l'attuale panorama globale dell'auto elettrica. Le vetture cinesi non vengono minimizzate: «Oggi sono eccellenti», soprattutto nel segmento mass premium, che viene descritto come uno dei più competitivi in assoluto. Ma, parlando di lusso, la distinzione è netta. «Non credo che stiano creando veri prodotti di lusso in questo spazio», osserva. Ed è su questa differenza – più culturale che tecnologica – che Jaguar ritiene di poter costruire la propria scommessa.