In aprile, il Canada ha reagito al neoprotezionismo della Casa Bianca introducendo tariffe doganali del 25% sui veicoli importati dagli Stati Uniti e non conformi all'accordo commerciale tra gli Usa, il Messico e, per l'appunto, il Canada. Successivamente, però, Ottawa ha consentito ai costruttori di importare un certo numero di veicoli di origine statunitense esenti dal pagamento dei dazi, a patto di confermare le produzioni locali e di completare i piani di investimento. Già allora, però, era stato chiarito che le quote sarebbero state riviste in caso di riduzione degli impegni in Canada, come avvenuto ora. Stellantis, infatti, ha annunciato il trasferimento della Jeep Compass da Brampton (Ontario) a Belvidere (Illinois) nel quadro di un piano di investimenti da 13 miliardi di dollari incentrato sulla sua rete industriale statunitense, mentre la GM ha annunciato lo stop alla produzione dei furgoni elettrici BrightDrop a Ingersoll (Ontario) e lo spostamento di parte della produzione dello Chevrolet Silverado da Oshawa (Ontario) a Fort Wayne (Indiana).
Di conseguenza, Ottawa ha tagliato la quota annuale ammissibile per l'esenzione tariffaria del 24,2% per GM e del 50% per Stellantis. "La misura fa seguito all'inaccettabile decisione delle case automobilistiche di ridurre la presenza produttiva in Canada", ha spiegato il dipartimento delle Finanze, sottolineando che le due aziende hanno "violato legalmente vincolanti" di mantenere attività sul territorio canadese. Il governo si è detto "profondamente deluso" delle decisioni di Stellantis e GM e ha quindi annunciato l'intenzione di ricorrere a tutti i mezzi possibili affinché le aziende rispondano dei miliardi di dollari ricevuti negli ultimi decenni: Stellantis, per esempio, ha ricevuto 105 milioni di dollari di incentivi per convertire Windsor e Brampton. Il ministro dell'Industria canadese, François-Philippe Champagne, ha quindi avvertito che il suo governo "farà valere i propri diritti contrattuali", anche chiedendo la restituzione dei fondi.