L'emozione trova casa


Data inizio: 06-10-2025 - Data Fine: 06-12-2025


Foto (1)
Nel tempo presente, parlare d'automobile significa esporsi a una semplificazione sistematica. Ogni discorso è costretto a collocarsi, ogni giudizio dev'essere allineato, ogni pensiero ridotto a scelta binaria. Da un lato, la nostalgia paralizzante per un passato idealizzato e ormai irripetibile; dall'altro, il culto acritico dell'innovazione, che celebra ogni passaggio tecnico come se fosse, per ciò stesso, anche un avanzamento culturale. Al centro di questa dicotomia, l'automobile come oggetto viene progressivamente svuotata del suo significato, mentre il dibattito che la riguarda perde profondità, linguaggio, legittimità. Non si tratta soltanto di osservare un cambiamento tecnologico – l'elettrificazione, la digitalizzazione della guida, la connettività pervasiva –, ma di prendere atto di un mutamento antropologico: ciò che un tempo era una proiezione culturale, un'estensione simbolica del corpo e della libertà, è oggi ricondotto a una funzione logistica, un nodo all'interno di un sistema di mobilità da ottimizzare secondo parametri prestabiliti. L'auto è ancora ovunque, ma ha perso la possibilità di essere pensata. Non genera più visione, non impone più interrogativi, non produce più linguaggio. È presente, ma muta. È precisamente in questa condizione di mutismo culturale – prodotto non da usura ma da esautorazione – che si colloca il Circolo dell'Automobile.

Non come un omaggio tardivo a un passato glorioso, né come reazione ideologica al cambiamento in atto. Ma come atto intellettuale, misurato e deliberato, che si propone di restituire all'automobile una dimensione discorsiva, un tempo lungo, uno spazio di pensabilità sottratto alle semplificazioni dell'attualità. 

Il Circolo non è un club nel senso corrente del termine. È, nella sua natura più profonda, un'istituzione culturale travestita da luogo privato: un dispositivo critico che si serve delle forme della socialità automobilistica – la pista, l'officina, la biblioteca, la clubhouse – per costruire un campo di pensiero, per dare ospitalità a una riflessione oggi quasi del tutto assente.

In un'epoca che tende a trasformare ogni oggetto in superficie d'uso, ogni esperienza in consumo e ogni identità in schieramento, l'automobile può tornare a essere un luogo teorico, un punto di vista sul mondo, a condizione che la si liberi dalle narrazioni paralizzanti del rimpianto e della propaganda.

Laboratorio esperienziale

Né culto del passato, né adesione fideistica al futuro. Né l'auto come feticcio da restaurare, né come piattaforma da aggiornare. Ma l'auto come campo semantico ancora vivo, capace di dire qualcosa sulla tecnica, sulla libertà, sulla forma, sullo spazio, sul corpo. Questa operazione richiede però un'autorità, una competenza, una legittimità che non possono essere improvvisate.

Ed è per questo che il Circolo dell'Automobile può nascere solo da Quattroruote. Non perché la testata abbia una lunga storia – anche se settant'anni di analisi, prove, inchieste e cultura automobilistica costituiscono un capitale simbolico non replicabile –, ma perché Quattroruote è l'unica voce editoriale italiana che abbia mantenuto nel tempo una posizione autonoma, non ideologica, capace di coniugare il rigore tecnico con la profondità culturale. È l'unica ad aver resistito alla tentazione della partigianeria, rifiutando tanto la retorica del progresso automatico quanto quella della decadenza irreversibile.

Il Circolo non si propone di salvare l'automobile, ma di salvare la possibilità di pensarla fuori dagli automatismi culturali che oggi l'avvolgono. È, in questo senso, una risposta al clima di rimozione selettiva che domina il dibattito pubblico: un clima in cui si accolgono solo le tesi funzionali a una narrazione precostituita e si rigetta tutto ciò che non rientra nel perimetro del consenso ecologico, del consumo responsabile, della mobilità sostenibile ridotta a slogan.

Il Circolo non si oppone a nulla, ma mette in discussione tutto. È un'operazione di distinzione, non di contrapposizione. Ogni elemento della sua struttura risponde a questa logica: la pista non è un circuito privato, ma un laboratorio esperienziale; l'officina non è un garage, ma uno spazio di comprensione tecnica; la clubhouse non è una lounge, ma un luogo di confronto intellettuale; la biblioteca non è un archivio, ma un invito al metodo. 

In ognuno di questi luoghi si esercita un gesto critico, che rifiuta tanto l'indifferenza funzionalista quanto l'estetismo nostalgico. Non si tratta di conservare, ma di comprendere. Non di esibire, ma di elaborare. Non di chiudere, ma di aprire.

Un atto culturale

Il Circolo dell'Automobile nasce così non come una fuga nel passato, ma come un luogo di sospensione, di interrogazione, di ripresa del pensiero. In un mondo che corre verso l'elettrico come destino obbligato, ma senza un'elaborazione culturale autentica del significato di tale passaggio, diventa necessario istituire uno spazio dove si possa tornare a distinguere, a porre domande, a esercitare un'intelligenza tecnica e simbolica sull'oggetto-auto. Non per legittimare o per opporsi, ma per comprendere.

Perché comprendere è oggi l'atto più controcorrente che si possa compiere. E comprendere l'automobile significa anche comprendere ciò che essa continua a dire sulla nostra idea di libertà, di spazio, di tempo, di forma, di identità. Significa ammettere che, al di là della sua funzione contingente, l'auto è stata – e può ancora essere – una soglia culturale, un'interfaccia privilegiata tra l'individuo e il mondo. Significa anche riconoscere che ogni scelta tecnica porta con sé una visione del soggetto, della società, del futuro. 

Il Circolo dell'Automobile non chiede appartenenza, ma attenzione. Non propone un'ideologia, ma una postura. Non offre un'identità, ma un metodo. 
E in questo metodo – fatto di conoscenza, misura, riflessione – si riconosce la responsabilità culturale che Quattroruote ha deciso di assumersi. In un'epoca che separa l'intelligenza dalla tecnica, e la tecnica dal significato, il Circolo è l'unico luogo in cui l'automobile può tornare a essere pensata come forma, non come funzione. 
E Quattroruote, per la storia che rappresenta e per la libertà che ha saputo preservare, è il solo soggetto oggi in grado di costruire questo spazio senza comprometterne la verità.

Benvenuti al Circolo

Tre piste da vivere.

Il Circolo dell'Automobile si trova nella tenuta di Vairano, alle porte di Milano: una struttura di 50 ettari che offre tre piste di una lunghezza complessiva di otto chilometri, un percorso off-road e piazzali per esercizi e simulazioni.

 

Ecco, in pillole, che cosa offre il nuovo Circolo dell'Automobile (via della Chiesa 9, Vairano di Vidigulfo, provincia di Pavia) a chi ne diventerà socio.

  • Uno storage per custodire vetture da collezione di ogni epoca, con uno studio di detailing e un'officina per la piccola manutenzione che le tengano sempre in forma e pronte a scendere in pista o a partire per un weekend.
  • Una pista per godere in sicurezza del piacere della guida, con sessioni di giri liberi, track days e programmi di coaching con i piloti professionisti di Quattroruote e dell'ASC.
  • Una clubhouse dove accogliere i soci e organizzare incontri con le personalità del mondo dell'auto, dai designer ai manager, alle leggende del motorsport.
  • Una serie di altri servizi, dal trasporto al supporto logistico per partecipare a eventi e competizioni, dalla consulenza per valutazioni e certificazioni delle vetture al private concierge per i soci. Per informazioni: www.circoloautomobile.it.



Contattaci per maggiori informazioni