Ci sono decisioni che superano la logica del marketing e si collocano nel territorio più denso dell'immaginario collettivo. L'ingresso di BYD, primo costruttore mondiale di veicoli elettrici, come sponsor dell'Inter non è un semplice investimento pubblicitario. È un gesto deliberatamente simbolico, che intende scardinare il confine tra periferia industriale e centro narrativo della mobilità europea. Scegliere una squadra come l'Inter, con la sua storicità identitaria, significa inserirsi in una tradizione emotiva che va oltre lo sport. Significa penetrare quel tessuto affettivo in cui il calcio italiano funziona da protesi dell'immaginario nazionale. Non è casuale, dunque, che l'accordo preveda anche la fornitura di oltre settanta veicoli (Denza e Sealion) al club nerazzurro: la visibilità si trasforma in interazione materiale, l'icona diventa servizio, il marchio entra nelle abitudini quotidiane di uno dei simboli più riconoscibili della società.
Il centro stile di Milano. Ma il passaggio più significativo, seppur forse meno appariscente, riguarda l'annuncio dell'apertura a Milano del secondo centro stile europeo di BYD. L'insediamento nella capitale storica del design continentale non ha nulla di ornamentale: rappresenta il tentativo, lucido e strategico, di appropriarsi dall'interno del lessico estetico europeo e sedimentarlo nel proprio patrimonio culturale. Nel suo complesso, la manovra segna un cambio di paradigma. La Cina industriale, abituata a colonizzare mercati attraverso la leva del prezzo o dell'efficienza, si confronta ora con il terreno più difficile: la costruzione del desiderio. E BYD, in particolare, rifiuta il ruolo residuale di fornitore razionale. Vuole essere parte del paesaggio mentale dell'Europa, assumere quella funzione integrata che fu, per dire, della Fiat: non solo un marchio, ma una presenza quotidiana, familiare, riconoscibile anche al di là della prestazione tecnica o del vantaggio economico.
L'elettrica "con l'anima". Per questo motivo la scelta del calcio appare tanto ovvia quanto intelligente. Se l'auto elettrica è stata finora raccontata secondo due assi prevalenti – la virtù ecologica e la performance tecnologica – BYD tenta di inserirvi una terza dimensione, finora assente: l'affezione. Non più soltanto veicolo del futuro, ma oggetto dell'identificazione. Non più solo elettrica, ma riconoscibile, condivisibile, raccontabile. La sponsorizzazione dell'Inter rappresenta, in questa prospettiva, la soglia tra due stati di esistenza del marchio: da costruttore competente a costruttore di senso. Non più la Cina che chiede permesso, ma quella che occupa lo spazio culturale con la stessa forza con cui ha già conquistato le supply chain. Quando vedremo i giocatori su una BYD, la distanza tra made in China e made for Europe si sarà assottigliata. E in quello spazio residuo, tutto da negoziare, si giocherà la partita più sottile: non vendere automobili, ma ottenere legittimità anche emotiva.